Tanti auguri Europhonica!

Al via la Stagione 10 tra ricordi e nuovi obiettivi

Ebbene sì, Europhonica compie già dieci anni! Un progetto di giovani appassionati di radio e di Europa, provenienti dal mondo delle emittenti universitarie e dall’associazionismo, che nel corso di un decennio è riuscito a svilupparsi fino a diventare una realtà consolidata e riconosciuta in ambito accademico e dalle Istituzioni. Su tutte, il Parlamento europeo che ci ha insignito del prestigioso Premio Carlo Magno per la Gioventù e che con i suoi studi radiofonici, il suo mediacenter e il suo personale tecnico super qualificato rappresenta fin dalla prima stagione la nostra vera casa.

Sì perchè, a differenza delle altre emittenti, Europhonica ha sempre costituito un progetto diffuso senza una sede fisica: trainati dalla voglia di mettersi in gioco, dallo spirito di iniziativa e dalla passione genuina per la “nostra” Europa, redattori e redattrici hanno trovato nei corridoi, nelle aule ma anche nelle strade e nelle piazze di Strasburgo una sorta di “quartier generale” dove dare forma concreta a mesi di impegno e disponibilità, trasformandosi in un’esperienza realmente unica per toccare con mano le Istituzioni e un’Unione troppo spesso percepita come distante, soprattutto dai più giovani.

Proprio la volontà di ridurre questa lontananza fra le parti ci ha spinto, negli anni, a sviluppare progetti editoriali e strumenti di coinvolgimento sempre più al passo con i tempi, modificando – senza mai snaturarla – la nostra idea di comunicare l’Europa cercando di raggiungere quante più persone possibili. Siamo partiti dalla radio di flusso, dalle dirette condivise e in lingua inglese durante le plenarie del Parlamento assieme ai nostri colleghi di Francia, Spagna e Portogallo. Ci siamo avvicinati al mondo del podcasting sviluppando la capacità di cogliere gli spunti dell’attualità per cristallizzarli in contenuti che potessero trovare, anche a distanza di mesi, il giusto valore e risultare ancora più che validi. Infine, abbiamo abbracciato i social network: Facebook, Instagram e il caro vecchio Twitter, tutto per riuscire a trasmettere il nostro messaggio a una community che, intanto, cresceva insieme a noi.

L’hashtag #livefromstrasbourg si è trasformato in un marchio di fabbrica tanto quanto il nostro motto, quel “feeling Europe” che indica non solo il sentire in termini fisici, quanto proprio una percezione interiore di qualcosa in grado di trascendere i confini del reale. In un mondo schiacciato da tensioni, conflitti, crisi ambientali, economiche e sociali, avere dentro di sé il sentimento europeista e la curiosità per ciò che l’Unione europea rappresenta permette di ampliare lo sguardo in maniera critica su quel che ci circonda riuscendo a individuare soluzioni creative, le stesse invocate da Robert Schuman nel 1950 per salvaguardare quella pace mondiale che proprio oggi sembra vacillare irreparabilmente.

Europhonica è chi c’è stato prim’ancora che il progetto prendesse forma. È chi è andato in live la prima volta, chi ha registrato i podcast da casa durante la pandemia, chi ha ideato rubriche che nel tempo hanno cambiato nome e veste grafica. Europhonica è (per sempre) Antonio Megalizzi e Bartosz Orent-Niedzielski, per tutti “Bartek”, con i loro nomi impressi sulla parete degli studi radiofonici del Parlamento europeo che mutano la tristezza in orgoglio ogni volta che ci sediamo davanti a quei microfoni. Europhonica è chi continua a esserci, chi non ha potuto più seguire il progetto perché si sa, in dieci anni le cose cambiano, ma soprattutto è chi ci sarà ancora e ancora. Perché se è vero che il mondo e l’Europa cambiano repentinamente, è altrettanto vero che ci sarà sempre bisogno di raccontare queste trasformazioni nel miglior modo possibile. Noi, per lo meno, ci proviamo da dieci anni e siamo pronti a festeggiare tanti altri anniversari!

Simone Matteis, responsabile progetto Europhonica – stagione 10

Ieri, oggi e domani: Europhonica attraverso le parole dei protagonisti

“Credo vada fatta una premessa per capire meglio il contesto in cui nasceva il progetto Europhonica. Nei primi Anni Dieci del Duemila l’associazione RadUni stava promuovendo e rafforzando la rete che delle radio universitarie italiane, anche con una affiliazione formale da parte degli Atenei. Una rete forte e coesa che contava più di venti radio affiliate, con obiettivi chiari e condivisi, avrebbe portato benefici a quello che fino a poco tempo prima veniva ancora definito un fenomeno. Le radio universitarie, tuttavia, erano una realtà da circa un decennio: format condivisi e coprodotti ogni settimana dalle antenne, di musica indipendente e di informazione universitaria e scientifica, erano stati realizzati già da parecchi anni, e anche nei programmi del Festival delle Radio Universitarie, il FRU, erano iniziate a comparire le testimonianze dei rappresentanti di college radio straniere.
Poi ci fu l’opportunità di una produzione internazionale, sui temi europei, con un’attenzione al valore della cittadinanza europea (ricordiamoci dei milioni di universitari in scambio con l’Erasmus!), su spinta di Radio Campus France, realtà analoga a RadUni in Francia, e la partecipazione di alcune radio universitarie spagnole e portoghesi. Ricordo ancora con molta emozione il viaggio a Strasburgo per firmare insieme a tutti i partner le carte del progetto che sarebbe poi stato accolto positivamente e finanziato dalla Direzione della Comunicazione della Commissione Europea. In una riunione più operativa, questa volta all’Università Complutense di Madrid, invece è avvenuta la scelta del nome del progetto: nasceva quindi Europhonica, una narrazione dell’attualità e delle politiche europee dal punto di vista degli studenti universitari. Ricordo ancora parte del jingle, una voce femminile, forse francese, rimarcava la erre, e poi la differente pronuncia con voci spagnole e italiane”.

Andrea Taccani, socio fondatore di RadUni e presidente dal 2014 al 2016

“Non posso non partire dalla prima, storica puntata di Europhonica dal Parlamento europeo di Strasburgo. Era settembre 2015: ero lì insieme a colleghi e colleghe della redazione per realizzare la prima puntata assoluta di questo format, con le prime collaborazioni con le radio universitarie europee che facevano parte della grande famiglia del progetto Europhonica. Non sapevamo bene cosa aspettarci: che tipo di puntata saremmo riusciti a costruire e quali interventi saremmo stati in grado di racimolare. E poi avremmo dovuto intervistare gli europarlamenteri – che ansia! – ma alla fine ce l’abbiamo fatta ed è stato fantastico.
Ciò che mi porterò sempre dentro di questa esperienza e dell’aver avuto il piccolo-grande privilegio di essere stato parte del primo gruppo del progetto è la bella incoscienza che ci ha accompagnati, che ci ha aiutato tantissimo. Col senno di poi, dieci anni dopo, mi emoziono ancora a ripensare a quel briciolo di follia nell’andare da semplici studenti universitari fino a Strasburgo per intervistare e fare domande anche scomode e senza grossi filtri ai parlamentari europei che potevano prendere decisioni importanti per l’intera Unione. È stato veramente fantastico e non mi è più capitata un’esperienza di questo tipo: tanti auguri davvero, evviva Europhonica!”.

Fabiano Catania, redattore di Europhonica – stagione 1

“Partecipare a Europhonica per me significa fare cittadinanza attiva. La mia percezione, quella della generazione Erasmus, è di sentirci europei quando viaggiamo, quando incontriamo altri giovani proprio come noi che potranno anche essere cresciuti con usi e costumi diversi, ma insieme condividiamo esperienze che ci rendono intrinsecamente europei. Eppure per ampi tratti l’Unione europea continua a rappresentare un labirinto politico molto complicato, che tanti nemmeno provano a comprendere e nei confronti del quale, spesso, finiamo per sentirci un corpo estraneo. Europhonica invece è un modo per avvicinare un po’ l’Unione, raccontandone non solo i lati positivi o i motivi per cui ci piace essere europei (non tutti sono eurofanatici come noi in Europhonica!), ma provando a dare un senso alla complessità politica, legislativa e sociale che la contraddistingue. Chiariamoci, non vogliamo fare una specie di EU for dummies: partiamo dagli argomenti in cui siamo più preparati e cerchiamo di spiegarli, senza sottovalutarne la difficoltà.
La complessità europea, poi, non per forza ha carattere negativo, anzi probabilmente rispecchia la società odierna: noi giovani di quest’oggi così articolato siamo forse la generazione che più di tutte si sente culturalmente europea perché non conosciamo un mondo senza Europa, eppure ci ritroviamo a essere largamente i meno rappresentati. Da qui si innesta un pericoloso processo di scoramento collettivo che finisce poi nell’astensionismo elettorale e nell’insoddisfazione sociale: nel mio piccolo, contribuire alla creazione e diffusione di consapevolezza sul funzionamento dell’Europa mi fa sentire partecipe a un processo di costruzione attiva della società. Al microfono ho l’impressione di restituire valore a una comunità che mi ha fatto crescere in sicurezza e libertà, ma anche in una positiva diversità”.

Irene Vanni, redattrice di Europhonica – stagione 10