Cerca
Close this search box.

A Normal Family: a cena con l’ipocrisia di una normale famiglia borghese al Far East Film Festival

È una famiglia normale, come da titolo, quella composta da Jae-gyu (Jang Dong-gun), medico idealista e dal forte orientamento morale e la moglie Yeon-kyung (Kim Hee-ae), e del fratello Jae-wan (Sol Kyung-gu), avvocato di successo disposto a lavorare anche per casi immorali e scomodi in cambio di un buon compenso e la giovane nuova moglie Ji-su (Claudia Kim). A completare il quadretto il figlio del medico, timido e introverso, e Hye-yoon (Hong Ye-ji), figlia dell’avvocato, che nonostante le continue frecciatine tra i genitori sembrano invece d’accordo.

Il film, tratto dal romanzo olandese di Herman Koch The Dinner, bestseller internazionale che ha già portato a diversi adattamenti tra cui anche l’italiano I Nostri Ragazzi diretto da Ivano De Matteo nel 2014, oltre che ad una versione olandese e una americana, a differenza del testo originale non è ambientato solo durante un’unica cena dall’aperitivo al digestivo, ma è invece sviluppato in un periodo di tempo più disteso, in più cene e più situazioni, offrendo quindi uno sviluppo dei rapporti tra i personaggi diverso a livello di tempi e intensità, in un crescendo lento e graduale ma ugualmente esplosivo.

A Normal Family: indifferenza e incomunicabilità come chiave dei rapporti sociali

Il film inizia in quarta con una tragedia inutile causata da un’incomprensione e da un gesto di totale indifferenza nei confronti dell’altro. Ed è il tema dell’indifferenza ad essere centrale nel film, che sembra descrivere una realtà a metà tra gli Indifferenti di Alberto Moravia, Les Enfant Terribles di Jean Cocteau e Funny Games di Michael Haneke, in particolare nella figura dei due figli e nella totale incomunicabilità tra i genitori e i ragazzi che sembra caratterizzare la chiave dei rapporti di questa famiglia (suo malgrado) allargata. 

I due ragazzi saranno infatti protagonisti di un atto drammatico che porterà i genitori di nuovo obbligati ad un tavolo di un ristorante di lusso a discutere di come risolvere la situazione, proponendo una continua lista di problemi morali che trascinano lo spettatore in una serie di ansie e dilemmi in cui ci si continua a chiedere da quale parte staremmo.

A Normal Family e la ricetta perfetta per una “famiglia normale”: social media, anestetizzazione del dolore e familismo amorale

In un mondo dove un video gore di un incidente che causa la morte di una persona viene accompagnato da una richiesta di like e follow, la connessione tra la mostra delle atrocità dei feed social e tra l’indifferenza assoluta nei confronti dell’altro che sfocia in una violenza insensata come modo per ammazzare il tempo, sembra aggiungere un tassello particolarmente contemporaneo all’interpretazione del regista Hur Jin Ho.

In bilico tra il rispetto per le convenzioni sociali e una forma di familismo amorale (come lo chiamerebbe il politologo Edward C. Banfield) volto a difendere innanzitutto i propri figli di fronte  al resto della società (d’altronde, oltre al carcere effettivo, “esiste un carcere anche nei nostri cuori”), i due fratelli discutono, propongono soluzioni, si disperano, cambiano idea e continuano ad affrontarsi in un fiume di parole mentre sembra non riescano neppure ad avvicinarsi ai propri figli, allo stesso tempo protagonisti e comparse, osservandoli ammutoliti mentre continuano la vita di tutti i giorni come se nulla fosse successo.

A Normal Family: e tu cosa faresti?

A Normal Family è un film che riesce a ricreare uno stato di tensione continuo giocando sui contrasti, sulle ipocrisie, sui capovolgimenti e su rapporti interpersonali sempre più complessi, inserendo i protagonisti in un dramma morale in un’epoca senza (meta)narrazioni, in cui tutto si dissolve e in cui tutto è permesso, cancellando ogni senso di colpa sia personale che nei confronti del resto della società. 

Un film che sfida lo spettatore portandolo ad interrogarsi continuamente su chi abbia ragione e chi torto, su cosa faremmo se ci trovassimo in una situazione simile, in cui i concetti di “giusto” e “sbagliato” sono totalmente messi in discussione in nome di una normalità solo apparente, dietro la quale si nascondono conflitti e segreti che possono portare a conseguenze molto gravi. Oppure a nessuna.

Mario Monopoli